Isola del Giglio Capo Marino


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Storia

Località Capo Marino

STORIA DEL VILLAGGIO DI PUNTA DI CAPOMARINO.


Villaggio Capomarino sorge in cima al piccolo promontorio da cui prende il nome. E’ situato nel lato Est dell’Isola Del Giglio e guarda verso l’Argentario.
Edificato con pietre a vista sui resti di un vecchio ovile, ne mantiene la struttura. Visto dal mare sembra una costruzione rurale, anche se in realtà è un
piccolo agglomerato di abitazioni destinate a casa di vacanza.
Le fondamenta poggiano su un grande terrazzamento, che , da un lato, si affaccia verso Cala Delle Cannelle, una delle rare insenature sabbiose dell’Isola raggiungibili in auto,
dall’altro, fa confine con un terreno agricolo forestale invaso dalla macchia mediterranea che degrada verso Cala Delle Caldane col suo granito finemente sbriciolato.
Il promontorio di Capomarino divide le due Cale. Raramente menzionato dalle guide turistiche, mantiene un fascino discreto e ancestrale.
E’ un microcosmo tutto da scoprire, che ami o rifiuti al primo impatto .
La sua estremità racchiude una piccola spiaggia dai riflessi rosa creati da microscopiche conchiglie che la ricoprono. Puoi passare il tempo ad individuarle fra i granelli
di sabbia e scoprire che sono tutte diverse, embrioni di conchiglie più grandi.
La sua scogliera si protende in mare aperto, quasi a voler catturare il sole, quando nel tardo pomeriggio le spiagge sono già in ombra. Dalla punta estrema ti puoi tuffare
al tramonto e nuotare con i più bei riflessi di luce sull’acqua.
Il terreno agricolo di Capomarino si dice fosse un tempo quasi interamente coltivato a vite, lo si intuisce dai terrazzamenti che la macchia lascia intravedere qua e la.
Se ami esplorare, dietro al Villaggio ti puoi inerpicare su un sentiero a stento segnato, che ti porta ad uno dei pochi orti Gigliesi superstiti.
L’orto di Marconi sorge in un punto riparato dal vento. Le viti si sostengono ad un complesso sistema di canne, tramandato da secoli. Una coltivazione difficile e faticosa
che produce l’Ansonaco, il vino dell’isola asciutto e potente, a rischio di estinzione per l’età avanzata dei produttori.
Marconi passa spesso intorno al villaggio, gli isolani lo chiamano così, per cognome .
Si sposta soltanto a piedi, con andatura agile e schiva. Porta i suoi attrezzi in un sacco di tela, in spalla. Ha un aspetto selvaggio e trascurato, che inquieta,
pur essendo innocuo. Sembra rappresentare l’uomo sull’isola ai tempi del Medioevo.
Mi piace ritornare a Capomarino d’estate con una consistente provvista di cibo fatta in “Continente” che mi consente di vivere in maniera libera e frugale, lontano dal chiasso.
Un anziano pescatore mi aiuta a portarla su in cima al villaggio.
Nicola si è ritirato dal mare quando la moglie se n’è andata per sempre.
Ora coltiva un piccolo orto sulla strada per le Cannelle in prossimità dell’impianto di dissalazione. Lo chiamo sempre il giorno prima della partenza, per informarlo dell’orario di arrivo del traghetto, così mi aspetta al porto, seduto sul suo Ape- Car, immancabilmente in anticipo sull’orario dell’appuntamento.
L’estate scorsa era sempre lo stesso, gli stessi occhi neri intelligenti velati di tristezza, le stesse rughe scavate dagli anni e dal mare. Era solo un po’ più confuso ed in compagnia di un cagnolino.
Caricate valigie e provviste sul piccolo rimorchio, mi dice con un tono gentile che non lascia alternative:
“Le spiace venire al villaggio a piedi?”
E indicando il cane “ Lui viene con me, non ci possiamo separare mai” .
Non oppongo la minima resistenza, la prospettiva di mare lassù in terrazza ricompenserà ampiamente la fatica.
“Si prenda tutto il tempo che vuole, la aspetto su al numero quattro”
E’ il suo modo per ringraziarmi.
Il tragitto è un’impietosa salita, ma alla fine lo sforzo è alleviato dall’ombra di un doppio filare di eucalipti, messi lì apposta per arginare il terreno e schermare il sole.
Al villaggio incontro Cesare, il padrone di casa. Un’amicizia profonda ci unisce a Capomarino come sul Continente.
Mi aiuta a scaricare e portare il tutto nel monolocale che mi ospita. Non vogliamo che l’anziano affatichi la schiena.
Saluto Nicola che rifiuta la ricompensa, dicendo che così sarò vincolata a chiamarlo anche per la partenza.
Sta bene l’ ”affare “ è fatto.
Sistemo in fretta le cose, non vedo l’ora di raggiungere gli scogli e tuffarmi nelle acque smeraldine.
Cesare aspetta in compagnia di Betty, dalla finestra li sento conversare.
Presto sono da loro, con l’occorrente per il bagno nello zaino ed i sandali da trekking:
non è pensabile avventurarsi attraverso le ginestre spinose della macchia, fin giù alla scogliera senza un abbigliamento idoneo.
Ci viene incontro Paolo, il dottore, vuole fare il bagno con noi
La scogliera sembra impraticabile, ma noi abbiamo imparato negli anni a conoscere ogni roccia e sappiamo dove è più agevole stendersi e tuffarsi.
Betty prende il sole su un grande sasso levigato.
Paolo, Cesare ed io ci tuffiamo con gli occhiali da piscina e le scarpette di gomma .
Seguiamo a nuoto la scogliera, a giusta distanza, dove l’onda non ci travolge, fino a quando il mare sembra una grande vasca azzurra, segno che siamo entrati nella Cala Delle Cannelle.
Ci fermiamo su di uno scoglio per intiepidirci con l’ultimo sole e quando l’ombra ci ricopre ci tuffiamo di nuovo per fare ritorno con bracciate più decise .
Dopo la nuotata resto in piedi, avvolta nel telo di spugna. Dall’acqua arrivano gli echi ritmati e le grida del capo squadra di un gruppo di vogatori: si allenano per il Palio Remiero.
Il mare si fa più calmo al tramonto, anche più limpido scoprendo gli splendidi colori della vita sugli scogli.
La salita al ritorno mi riscalda il corpo refrigerato dall’immersione .
La fragranza dell’elicriso, più intensa nell’aria a quest’ora , investe il gusto con un lontano sapore di liquirizia.
Avremo ospiti a cena stasera. Dopo la doccia ci ritroviamo per preparare una grigliata di pesce in terrazzo .
Cesare arrostisce le spigole, Emilio suo cugino scava la polpa di metà cocomero e con l’aggiunta di Tequila fa una bevanda messicana, Betty ed io prepariamo la tavola .
Dopo cena si gioca a Mercante in Fiera, sorseggiando la strana bevanda che Emilio ha preparato per diffondere l’euforia. Alessandro, new entry del villaggio, compassato e serio agli esordi, si lascia andare ad espressioni un po’ scurrili ma divertenti. Il greco, ospite di Samanta, scambia la pergola dell’orto sottostante per un prato verde e sprofonda nel terrazzamento più in basso, fortunatamente incolume con la sola conseguenza di qualche graffio.
E’ notte fonda, tutti dormono. Prima di coricarmi esco dietro casa per fare alcuni passi. Percorro il camminamento di pietra che conduce al poggio sopra la cisterna dell’acqua. Lì mi siedo a guardare le stelle. Sono innumerevoli ed il mare di fronte sembra una colata d’argento.
Domani mi sveglierò con il rumore della Vespa di Cesare che si avvia verso il Porto, quando con il primo traghetto arrivano i giornali.
Leggo sempre il Messaggero a Capomarino, Roma non è lontana.


per informazioni tel. 0376.819018 - cell.338.7969847 | cesare.pedrotti@libero.it

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